diffida ad adempiere

Diffida ad adempiere?

Quando un soggetto, tramite il proprio Avvocato di fiducia, invia una raccomandata a.r. ad una persona, assegnandogli un termine perentorio per eseguire una prestazione, si può parlare di diffida ad adempiere.

Solitamente, con una diffida ad adempiere, viene richiesto il saldo di un debito, ma si potrebbe ricorrere alla diffida anche per la richiesta di riconsegna della chiavi di una casa, della riconsegna di un auto il cui leasing non viene pagato regolarmente, della richiesta di rispettare le condizioni di separazione o di divorzio, etc.

Tuttavia, il Codice Civile utilizza l’espressione «diffida ad adempiere» solo con riferimento alla possibilità di sciogliere un contratto, per altrui inadempimento, senza bisogno di dover ricorrere al Giudice.

Diffida ad adempiere: cos’è?

Nel gergo comune, la diffida ad adempiere è una richiesta che viene formulata formalmente da un soggetto (solitamente rappresentato dal suo Avvocato di fiducia) nei confronti di un’altro. Questa nozione è piuttosto lata e, al suo interno, possiamo distinguere due concetti diversi:

  • la costituzione in mora debendi
  • la diffida ad adempiere vera e propria.

Affinché la diffida ad adempiere abbia effetto, occorre che il mittente sia in possesso della prova di spedizione e del suo riferimento, pertanto va inviata con una raccomandata a.r. o con una PEC.

Costituzione in mora debendi

Nel gergo comune, con l’espressione “diffida ad adempiere” si intende la c.d. lettera di costituzione in mora.

La costituzione in mora è infatti una lettera contenente anche un sollecito di pagamento, ma con effetti giuridici particolarmente gravi per il debitore.

Conseguenze giuridiche della costituzione in mora del debitore

Dalla costituzione in mora derivano, per il debitore, quattro conseguenze indicate dall’Art. 1219 del Codice Civile e ss:

  • iniziano a decorrere gli interessi di mora. Per cui il debitore, oltre al pagamento della somma originariamente dovuta (quota capitale), dovrà versare anche gli interessi di mora;
  • si interrompe il termine di prescrizione. Pertanto, il debitore resta obbligato alla prestazione per un altro termine pari a quello di prescrizione che però inizia a decorrere questa volta dal giorno successivo a quello di ricevimento della lettera a mezzo raccomandata a.r. o PEC;
  • gli eventuali danni successivi alla costituzione in mora che il creditore dovesse subire a causa dell’inadempimento de debitore, saranno a carico di quest’ultimo. Pertanto, dalla costituzione in mora il debitore sarà tenuto a risarcire tutti gli eventuali danni che il creditore dovesse dimostrare essere dipesi dal mancato pagamento;
  • il debitore resta tenuto a risarcire il creditore qualora la prestazione dovesse divenire impossibile, anche per una causa non imputabile al debitore stesso (cosa che, invece, in circostanze normali, non comporterebbe alcun obbligo).

In alcuni specifici casi, il debitore è automaticamente in mora, a prescindere dall’invio di una diffida. Di seguito i tre casi in cui non è necessaria la costituzione in mora:

  1. quando il debito deriva da fatto illecito. In tale ipotesi, il debitore è già in mora dal momento in cui si è verificato il fatto illecito e non c’è quindi bisogno della diffida;
  2. quando il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;
  3. quando il contratto prevedeva un termine per il pagamento e questo è già scaduto.

Diffida ad adempiere in senso stretto

Diversa dalla costituzione in mora è la vera e propria diffida ad adempiere, che è invece disciplinata dagli Articoli 1454 e seguenti del Codice Civile.

La diffida ad adempiere è una vera e propria forma di autotutela, concessa dalla legge al creditore, senza costringere quest’ultimo a dover richiedere l’intervento del Tribunale: egli infatti può, con una dichiarazione scritta indirizzata alla parte inadempiente, intimare a quest’ultima di eseguire la prestazione entro un termine congruo non inferiore a 15 giorni.

La lettera deve contenere l’espresso avvertimento che, qualora in tale termine, non avvenga spontaneamente l’esecuzione della prestazione, il contratto si intenderà automaticamente risolto (ossia “sciolto”), senza bisogno di una sentenza del Tribunale che produca tale effetto giuridico.

Se nella lettera manca tale esplicito avviso, allora l’effetto della risoluzione non si produce, il contratto resta in essere e la dichiarazione inviata dal creditore al debitore si considera come un semplice sollecito di pagamento.

Effetti giuridici della diffida ad adempiere

Con la scadenza del termine fissato nella diffida ad adempiere, il contratto tra le parti si considera ormai sciolto, senza che sia necessario l’intervento del Giudice. Si tratta della cosiddetta risoluzione per inadempimento che, di solito, solo il magistrato può pronunciare.

In buona sostanza, l’invio di una diffida ad adempiere può consentire di evitare il ricorso ad una causa. Nulla toglie però che la controparte possa contestare la diffida ad adempiere e pretendere la prestazione. Sarà il Giudice, in questo caso, a stabilire se la diffida è stata correttamente inviata o meno e a tal fine vengono valutate due circostanze:

  1. deve esserci stato un effettivo ritardo o inadempimento;
  2. tale ritardo o inadempimento deve essere “grave” ossia deve aver sollevato l’interesse del creditore a rivedere la prestazione.

Scaduti i termini fissati nella diffida ad adempiere, qualora il debitore non ottemperi, il creditore potrà adire alle vie legali, ricorrendo ad un recupero giudiziale del proprio credito.

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