atto di precetto

Atto di precetto: sempre prima nei confronti dei condomini morosi

Nessun diritto di credito alla società che agisce con un atto di precetto nei confronti del condomino adempiente, regolare nei pagamenti, senza prima aver agito nei confronti dei condomini morosi, inadempienti.

Il Tribunale di Roma, infatti, con la sentenza n. 3270 del 14 febbraio 2020, fa chiarezza in merito al pignoramento nei confronti dei condomini morosi da eseguirsi secondo le quote millesimali.

Il Tribunale di Roma dichiara inesistente il diritto della società creditrice, nei confronti di un Condominio, e che agisce con un atto di precetto al singolo condomino risultato però essere adempiente, se prima non prova di aver esperito, nei confronti dei condomini morosi, tutte le azioni necessarie a recuperare il proprio credito.

Il condomino si oppone all’atto di precetto che gli è stato notificato da una società creditrice nei confronti del Condominio di cui è parte, ottenuto sulla base di un decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva.

Il condomino eccepisce:

  • incompetenza territoriale del Tribunale di Roma,
  • mancata previa notifica del titolo esecutivo
  • obbligo di adempiere al pagamento solo pro quota.

Opposizione agli atti esecutivi e opposizione all’esecuzione

Il Tribunale di Roma qualifica la contestazione relativa alla mancata previa notifica del titolo esecutivo come un’opposizione agli atti esecutivi, e quella con cui l’opponente afferma il proprio obbligo, limitatamente alla quota a suo carico, come opposizione all’esecuzione, perché richiede il preventivo accertamento del diritto di credito della società procedente.

Il creditore deve prima rivolgersi ai condomini morosi

Il Tribunale di Roma accoglieva l’eccezione in merito all’adempimento dell’obbligazione pro quota.

Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, ritiene fondata l’opposizione avanzata dal condomino ai sensi dell’Art. 615 C.p.C., in quanto l’obbligazione contrattuale del Condominio grava pro quota sui singoli e non in solido e per l’intero su ciascuno.

Nel momento in cui il creditore intima, con atto di precetto, il pagamento dell’intero debito condominiale ad un solo condomino, senza indicare nell’atto l’importo della quota millesimale di sua esclusiva spettanza, il precetto non è efficace, per la parte eccedente la misura suddetta, conservandola solo nei limiti della somma a debito del singolo.

Da qui il diritto del singolo condomino di opporsi all’esecuzione intrapresa nei suoi confronti per l’intero debito condominiale, se dimostra la misura della sua partecipazione condominiale e quindi i limiti della sua quota debitoria. In caso contrario può subire l’intimazione per l’intero debito.

Il Tribunale di Roma ricorda che l’Art. 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile prevede il beneficio della preventiva escussione a beneficio dei condomini in regola con i pagamenti. Prima di agire nei confronti di un condomino quindi il creditore deve dimostrare di aver tentato di ottenere il pagamento, con un certo sforzo, dai condomini morosi, come emerge dallo stato di ripartizione approvato dall’assemblea condominiale.

Nel caso in esame, il condomino ha dimostrato, producendo il piano di riparto, approvato dall’assemblea, qual’è la misura del suo debito e che rispetto allo stesso non risulta moroso, dando prova dei pagamenti effettuati.

Al contrario, la società creditrice non ha dimostrato di aver escusso preventivamente il patrimonio dei condomini morosi, procedendo con le canoniche procedure esecutive mobiliari, immobiliari e presso terzi.

Inesistente quindi il diritto della società creditrice di procedere nei confronti del condomino opponente, adempiente e regolare nei pagamenti.

L’atto di precetto in capo al singolo condomino

Il Tribunale di Roma, in buona sostanza, con la sentenza 3270/2020 ha ribadito i seguenti due principi di legge sanciti dall’art. 63 disp. att. c.c.:

a) l’obbligazione contrattuale del Condominio è da ritenersi gravante pro quota sui singoli condomini in proporzione delle rispettive quote millesimali e non in solido per l’intero su quest’ultimi;

b) è possibile procedere ad esecuzione forzata nei confronti del singolo condomino sulla scorta di un titolo formatosi contro il Condominio. A tal fine è necessaria la preventiva notifica del titolo esecutivo e del pedissequo atto di precetto al singolo condomino.

Sarebbe infatti eccessivamente gravoso per il creditore, che dispone di un titolo esecutivo nei confronti del Condominio e che intende agire nei confronti di quest’ultimo, instaurare diverse procedure esecutive contro ciascun proprietario.

L’Organo Giudicante ha ritenuto che in capo al creditore non spetti, neppure, l’onere di verificare la quota millesimale spettante a ciascun condomino, essendo sufficiente, una mera allegazione. Al creditore procedente, infatti, toccherà provare solo lo status di condomino del soggetto che intende aggredire patrimonialmente.

Il Tribunale di Roma, nella sua pronuncia, ha stabilito che il condomino al quale venga richiesto il pagamento di una quota maggiore avrà due possibilità:

  • potrà opporsi all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. dimostrando la carenza di legittimazione passiva, ossia di non esser condomino, e, quindi, sarà il creditore procedente a dover dimostrare il contrario;
  • eccependo una quota millesimale di spettanza inferiore a quella richiesta dal creditore.

In questo secondo caso il condomino dovrà dimostrare il fatto “modificativo” e/o “parzialmente impeditivo” della legittimazione passiva all’azione esecutiva.

Nell’ ipotesi in cui il condomino moroso fornisca la prova circa la propria quota millesimale, il precetto diviene inefficace solo nei limiti dell’eccedenza rispetto all’importo dovuto.

Laddove, invece, dette prove non vengano fornite, il condomino subirà l’esecuzione forzata per la quota indicata dal creditore o, addirittura, se il creditore non specifica alcuna quota, per l’ intero debito, fermo restando quanto statuito dall’ art. 63 disp. att. c.p.c. in tema di beneficium excussionis.

L’atto di precetto sempre prima nei confronti del condomino moroso

L’ articolo 63 disp. att. c.c. 2°comma, novellato dalla L. 220/2012, statuisce: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.”

L’art. 63 disp. att. c.c., così riformato, fissa un vincolo solidale tra i condomini per le obbligazioni contratte dall’amministratore di Condominio, pur essendo stati posti dei limiti al creditore che agisca per il recupero del credito.

La regola ora introdotta fissa un vincolo di solidarietà, consentendo al creditore di agire per il suo credito verso ogni condomino (anche diverso dal condomino moroso), ma al contempo fissa un vincolo di sussidiarietà, non potendo il creditore agire verso il condomino in regola, se prima non abbia agito inutilmente proprio verso il condomino moroso.

Tale sussidiarietà comporta generalmente il c.d. beneficio di preventiva escussione: il creditore, in tali casi, dovrà agire esecutivamente in via preventiva sul debitore principale (condomino moroso), potendo rivolgersi al secondo debitore, solo dopo che (e nei limiti in cui) abbia inutilmente escusso il primo.

I principi giuridici nella loro evoluzione

La Legge 220/2012, novellando l’art. 63 disp. att. c.c., ha fissato definitivamente i principi giuridici e le modalità di azione che devono essere osservate dal creditore del Condominio che voglia intraprendere un’azione esecutiva.

Sino all’anno 2012, la carenza di una specifica normativa di riferimento ha fatto sì che fosse la giurisprudenza a dettare le regole da seguire.

In questo scenario, la sentenza della Suprema Corte n. 9148/2018 certamente funge da spartiacque, per cui è lecito parlare di un orientamento giurisprudenziale antecedente alla sentenza n. 9148/2018 e di uno successivo alla stessa.

Orientamento giurisprudenziale antecedente alla sentenza n. 9148/2018

Prima che la Suprema Corte pronunciasse la sentenza 9148/2018, la giurisprudenza considerava il vincolo contrattuale assunto dal Condominio alla stessa stregua di un’obbligazione solidale tout court: pertanto l’eventuale debito del Condominio era ritenuto esigibile per intero nei confronti del singolo condomino e ciò a prescindere dalla propria quota millesimale e dall’eventuale versamento effettuato a tale scopo.

Orientamento giurisprudenziale successivo alla sentenza n. 9148/2018

Con la decisione n. 9148/2008, le Sezioni Unite della Cassazione, infatti, avevano stabilito che la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del Condominio si imputavano ai singoli condomini soltanto in proporzione delle rispettive quote, pertanto pro quota.

Tuttavia, la sentenza n. 9148/08 aveva specificato che solo in difetto di un’esplicita previsione normativa che imponesse la solidarietà dell’obbligazione, la stessa doveva ritenersi parziaria.

Al contrario, qualora l’obbligazione fosse espressamente ritenuta solidale dalla norma di riferimento, il creditore avrebbe potuto esigere l’intero importo dell’obbligazione, anche nei confronti del singolo condomino.

Solidarietà dei condomini previa escussione dei debiti del condominio inadempiente

Il novellato art. 63 disp. att. c.c. prevede che “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.

La norma ha voluto apprestare una sorta di ulteriore “garanzia” in favore del condomino adempiente ed in regola con i pagamenti: l’escussione preventiva del patrimonio del condomino virtuoso diventa sussidiaria, eventuale e successiva a quella del patrimonio del condomino moroso.

Il fondamento della doppia garanzia è da rinvenire nell’interpretazione conforme ai principi generali della comunione e del Condominio, con particolare riferimento all’art. 1123 c.c., per il quale le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni e per i servizi in Condominio sono sostenute in misura proporzionale al valore della proprietà dei singoli condomini.

Non essendo ravvisabile alcuna responsabilità solidale tra il Condominio ed il condomino, su cui grava come visto una responsabilità solo parziale in relazione alla sua quota, anche nei rapporti esterni, va rilevata l’illegittimità dell’intimazione di pagamento (atto di precetto) e del successivo pignoramento per l’intero credito, in quanto il singolo condomino risponde nei limiti della quota millesimale di proprietà o di utilizzo del servizio.

Il creditore del Condominio, ottenuto il titolo per procedere nei confronti dello stesso, come nel caso di specie il decreto ingiuntivo, dopo aver notificato lo stesso dovrà attendere che l’amministratore fornisca i dati necessari per procedere ai sensi dell’articolo 63 disp. att. c.c., disposizione dal carattere cogente: pertanto, dinnanzi all’eventuale inadempimento dell’amministratore, il creditore sarebbe legittimato ad agire giudizialmente per l’ottenimento dei dati richiesti.

Soltanto dopo aver ottenuto il nominativo e i dati del condomino o dei condomini morosi, il creditore potrà notificare il titolo e l’atto di precetto.

Qualora l’escussione abbia esito negativo, il creditore potrà agire contro i condomini virtuosi, sempre nel medesimo rispetto del limite delle quote dovute in ragione dei millesimi di proprietà.

Onere della prova a carico del creditore che ha agito infruttuosamente contro i condomini morosi

Il creditore del Condominio può agire nei confronti dei condomini virtuosi solo allorquando abbia esaurito infruttuosamente tutte le azioni esperibili nei confronti del condomino moroso, effettivo debitore.

In altri termini, per poter legittimamente richiedere il pagamento (pro quota) al condomino in regola con i pagamenti, il creditore dovrà preventivamente intraprendere tutte le procedure, anche esecutive (mobiliari, immobiliari e presso terzi), nei confronti del condomino moroso, nonché seguirle con la dovuta diligenza e buona fede.

Il creditore, quindi, dovrà dare la rigorosa prova di aver fatto tutto il possibile per soddisfare il proprio credito nei confronti del condomino moroso, prima di aggredire il patrimonio del condomino virtuoso, in regola con i pagamenti, altrimenti, quest’ultimo potrebbe proficuamente opporsi all’esecuzione nei suoi confronti.

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito affermando che, in caso di conclamata insolvenza del condomino moroso, il creditore non è tenuto ad attendere ulteriormente (Cass. 18 luglio 2011, n. 15731), mentre negli altri casi, occorre invece valutare quale sia l’onere che grava sul creditore e, in definitiva, quali tentativi debba compiere prima di poter agire contro i condomini diversi dal condomino moroso.

La Suprema Corte indica, ad esempio, che non è sufficiente per il creditore il solo tentativo di un’esecuzione mobiliare (Cass., 15 gennaio 1986, n. 190) o presso terzi (Cass. 3 marzo 2011, n. 5136).

La previsione dell’art. 63 disp. att. c.c. fa certamente riferimento al tentativo di escussione ma, come indica correttamente la giurisprudenza, l’indicazione non può essere letta nel senso che sia sufficiente un tentativo qualsiasi, senza che questo sia accompagnato dalla prova dell’impossibilità di aggredire altri beni del condomino moroso.

Sembra dunque corretto richiedere al creditore la dimostrazione di aver tentato, con ogni ragionevole sforzo, l’esecuzione, non essendovi altri beni dei condomini morosi idonei a soddisfare il suo credito: dunque dimostrando i tentativi infruttuosi e le indagini patrimoniali richieste, che non abbiano portato a individuare beni aggredibili di proprietà del condomino moroso.

Pignorabilità del conto corrente condominiale

Da ultimo, è importante evidenziare che la preventiva escussione del condomino moroso, rispetto al condomino in regola con i pagamenti, non toglie la possibilità per il creditore di soddisfare le proprie pretese creditorie pignorando direttamente il conto corrente condominiale (ex multis Trib. Milano 21.11.2017).

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