Il Recupero Crediti Stragiudiziale durante l'emergenza COVID-19

Il Recupero Credito Stragiudiziale durante l’emergenza COVID-19

L’attività del Credit Manager, per la parte relativa al recupero credito stragiudiziale, a causa del COVID-19 è mutata e merita una serie di riflessioni approfondite sulle strategie migliori da mettere in campo. 

La pandemia pone inoltre, una serie di interrogativi di natura autorizzatoria ed economica sulla struttura del compenso (anche per gli operatori)  e necessità di alcune riflessioni comuni alla luce dei provvedimenti normativi che l’hanno fortemente limitata e circoscritta e delle ottime linee guida emanate dall’Associazione di categoria UNIREC.

Prima di tutto però, consentitemi una premessa doverosa. Quest’attività, infatti, al netto di altri elementi parimenti importanti,  ha in ogni tempo, una indubbia ricaduta estremamente positiva sull’economia del paese e sull’andamento della giustizia nazionale.
Ed infatti,  le imprese che si rivolgono alle agenzie di recupero credito stragiudiziale per un servizio professionale in termini massivi, hanno un beneficio significativo sulla regolazione dei propri flussi di cassa e sul contenimento pertanto dei costi legati al servizio stesso o prodotto che vendono.
Ad esempio, immaginiamo cosa succederebbe se aumentasse l’insoluto delle bollette per le grandi compagnie di servizi elettrici, idrici, telefonici. 
Ci sarebbe un immediato aumento dei costi del servizio per tutti  i clienti che pagano regolarmente.
Molti insoluti poi, sono di facile soluzione e risolverli telefonicamente determina una diminuzione rilevante del potenziale carico di contenziosi, soprattutto di piccolo importo per gli organi di giustizia, già sovraccarichi di lavoro.
Non si comprende pertanto come mai l’attività in parola, che per lo più oggi si sta svolgendo in modalità di lavoro a domicilio, agile o di smart working non debba rientrare a pieno titolo tra i codici ATECO autorizzati.
Ed invero, seppur surrettiziamente, si consente il proseguimento delle attività nelle sole modalità di cui sopra ed occorre comunicarlo al Prefetto (n.b. quando la licenza all’esercizio è rilasciata dal Questore). Rimane quindi, un’alea di discrezionalità alla PA, in persona del Prefetto, che rende quanto meno incerto a molti operatori il decidere se continuare o meno l’attività ovvero godere della tutela data dal ricorso alla cassa integrazione.
Per fortuna, la norma che ha imposto il blocco alle attività non autorizzate, seppur non preveda il codice ATECO proprio del recupero stragiudiziale dei crediti tra quelli autorizzati apertamente,  diversamente, ha visto il comparto bancario e finanziario (da sempre tra i primi clienti del settore) tra quelli autorizzati al proseguimento delle attività pertanto come attività di filiera l’attività di recupero è consentita in quell’ambito come ha anche chiarito ASSOFIN l’Associazione che raggruppa le finanziarie di credito al consumo.
Non si capisce però il senso di questa esclusione generalizzata per gli altri comparti, giacché per mutui e finanziamenti l’attività di sollecito può continuare, ma per molti altri comparti diversamente non può se non in smart working.
A chi giova questa interruzione?
Di certo non al tessuto imprenditoriale che diversamente, si gioverebbe, eccome, di un ausilio volto alla veloce risoluzione di evitabili ritardi o peggio, di possibili contenziosi, specie se di piccolo importo.
Di certo nemmeno ai debitori specie se consumatori, atteso che questi ultimi non sono esentanti dal pagamento di bollette e nemmeno dalle altre scadenze.
Occorre poi affrontare il contatto col debitore con umanità, comprensione ed una rinnovata professionalità, sia quando si riscontrano situazioni sanitarie, positività al COVID-19, quarantena, che determinano o possono determinare ritardi giustificabili nell’adempimento dell’obbligazione, sia quando si è notiziati di decessi o ricoveri da parte di terzi ed occorre trattare  necessariamente queste informazioni.
Un utile aiuto nello spiegare il profilo economico ai consumatori avrebbero potuto darlo le associazioni dei consumatori, ma tranne poche eccezioni, vi è stato su questo tema un incomprensibile silenzio.
In questa situazione, le agenzie di recupero crediti con la loro rete di operatori potrebbero ben supplire a questa necessità, colmando quest’asimmetria informativa a tutto vantaggio delle due parti contrattuali.
I debitori, ma soprattutto i creditori.
Questi ultimi, infatti, potrebbero beneficiare di un servizio professionale di contatto con la loro clientela volto ad ottenere un pagamento puntuale, ma al contempo, in questa fase storica, il servizio potrebbe ben assolvere anche il compito di portare della chiarezza e la doverosa conoscenza circa gli adempimenti contrattuali ai clienti. Adempimenti che  non sono stati attaccati dal Coronavirus e neppure rinviati da provvedimenti normativi, salvo pochi.
Pagare in ritardo pertanto, comporterà  more e spese di recupero per il debitore ma soprattutto, come detto sopra  un problema di flussi di cassa alle aziende ed infine un futuro sovraccarico per la macchina giudiziaria che già fino a ieri era in affanno e dovrà per altro affrontare un affollamento dei ruoli dovuto alla sospensione delle attività ordinarie maturato in questa fase uno.
Ben si comprende quindi, il grido di dolore dell’associazione di categoria delle agenzie di recupero crediti, che tramite il suo presidente ha pubblicato sul quotidiano il sole 24 ore una accorata istanza pubblica affinché il servizio di recupero stragiudiziale sia “ufficialmente” ricompreso tra le attività con il codice Ateco autorizzato, senza imposizione di modalità di telelavoro o smart working ovvero senza interruzioni del servizio per i codici ATECO che devono star fermi ed interrompere l’attività.
Sarebbe una piccola decisione, ma sarebbe di grandissimo aiuto per il sistema paese e la sua tenuta di medio termine.

Tanto premesso
Il Credit Manager oggi come non mai è chiamato a verificare le attività operative del suo servicer di recupero stragiudiziale. In particolare deve appurare:

1) se abbia o meno comunicato al Prefetto la continuazione delle attività ed in quale modalità;

2) se l’attività sia stata fermata o meno dal Prefetto;

3) se abbia dato notizia delle diverse modalità operative al Questore, dato che è questa l’autorità pubblica che controlla il settore del recupero  e ne governa le modalità.

4) capire e controllare se e come il servicer abbia mappato i rischi in termini di trattamento dei dati personali, soprattutto per le attività massive. Considerando che l’accesso alla rete internet da casa avviene su reti non aziendali.

5) se esiste e come viene manutenuto un piano di continuità operativa. Soprattutto se questo contempla una ipotesi di rischio da epidemia;

6) in quale modo viene affrontato e gestito il trattamento dell’eventuale  dato sanitario del debitore

Questi profili sono rilevanti perché l’attività potrebbe interrompersi improvvisamente  per provvedimento dell’Autorità  (Prefetto; Questore; Garante per la Privacy) e comunque, giacché le curve di recupero basate su serie storiche sono del tutto inutili, occorre prevedere una struttura dei compensi connaturata all’attività realmente svolta oggi dai servicer.
Ossia di contact center di primo livello e pertanto, andrebbe compensato il contatto utile più che il recupero in percentuale, quanto meno per continuare a beneficiare del servizio che diversamente, qualora si continui a volerlo pagare appunto solo in percentuale sul recuperato, in considerazione della drammatica diminuzione degli incassi, sarà inevitabilmente interrotto o sospeso a stretto giro da gran parte delle aziende.

A cura dell’Avv. Marco Recchi Fonte: ACMI

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